È stata diagnosticata a una mummia del 1586 (data della morte) e sembra essere un’infezione da Escherichia Coli. Lo studio che ne parla dettagliatamente è stato pubblicato sulla rivista Communications Biology ed è un passo importante per consentire di comprendere come si è evoluto e adattato nel corso del tempo Escherichia coli e quanto danno può arrecarci.

Tale Giovanni d’Avalos, morto a 48 anni, era stato trovato nel 1983, inumato all’interno della Basilica di San Domenico Maggiore a Napoli, e ancora il dna del batterio che l’aveva assalito non era stato analizzato diffusamente.

Ora però un gruppo di ricercatori, sotto l’egida dell’Università canadese McMaster e con il l’Università di Pisa e di Catania, hanno estratto un calcolo biliare dal suo corpo. 

Quel che è più interessante, data per scontata ovviamente la rilevanza scientifica, è anche lo spunto per parlare di una disciplina poco conosciuta a chi non si occupa direttamente di archeologia e restauro, ovvero la paleopatologia. 

Per la prima volta si è riusciti infatti a fare ciò che per la paleopatologia è uno dei modi più attendibili per reperire informazioni utili per la determinazione delle patologie perse nei meandri della storia: lo studio del patrimonio genetico.

È infatti la prima occasione in cui si è riusciti a individuare e sequenziare questo batterio in materiale così antico. 

Una menzione speciale la merita l’Università di Pisa, che ha conservato e studiato i resti delle circa 30 mummie trovate a Napoli, accumulando così il know-how sufficiente per poter condurre in modo consapevole e documentato questo genere di ricerche.

L’Escherichia Coli oggi

L’Escherichia Coli risiede normalmente nell’organismo umano, nel nostro intestino. Può in qualche caso provocare infezioni, in caso di stress o malattie. Giovanni d’Avalos ad esempio soffriva di un’infiammazione cronica della cistifellea dovuta a calcoli biliari. 

L’antico ceppo del batterio qui trovato mancava dei geni in grado di infettare le cellule, e ciò potrebbe indicare che l’infezione era di tipo opportunistico, che quindi ha avuto luogo come conseguenza del calo delle difese immunitarie.

Di cosa morì, dunque?

La presenza di Escherichia Coli non dovrebbe aver dato sintomi al Nostro. Probabilmente ebbe qualche altra sindrome, dato che dalle ricostruzioni storiche sappiamo che smise di partecipare a tornei e giostre (1574).

Le fonti parlano di una vita impegnata socialmente: Conte di Montescaglioso e Pomarico, Giovanni d’Avalos era anche e capitano delle truppe spagnole per il re Carlo V e successivamente per il suo primogenito Filippo II di Spagna.