L’uomo del Rinascimento è noto per avere un’immagine di sé diversa rispetto a ogni attimo del Medioevo, forse eccezione fatta per alcune grandi menti – ma parliamo sempre di norma e di Zeitgeist.

Lo sviluppo delle accademie aristoteliche è fondamentale per capire che Aristotele ebbe un ruolo cardine in questa immagine che l’uomo rinascimentale aveva di sé. Però lo sviluppo dell’Accademia platonica non determinò la fine delle università, che continueranno il loro insegnamento e la ricerca, a favore dell’aristotelismo rinascimentale. 

Per molto tempo la storiografia tradizionale ha visto in questo movimento un residuo del Medioevo, mentre oggi tendiamo a riconoscervi caratteri molto innovatori e originali. Anzi secondo Kristeller l’aristotelismo rinascimentale si configurava come anti scolastico e quindi si opponeva strenuamente all’aristotelismo scolastico tipicamente medievale. 

Platonismo e aristotelismo: questione di geografia

Bisogna anche essere territoriali in queste distinzioni filosofiche. Infatti, mentre il centro del platonismo era Firenze, il centro dell’aristotelismo era Padova, dove il filosofo greco era stato studiato fin dal XIII secolo nel commento di Averroè. Da ciò la traduzione filologicamente più corretta dei testi e dei commentatori ritenuti più fedeli, soprattutto Alessandro di Afrodisia e Simplicio.

Invece l’interpretazione di Tommaso D’Aquino rimase appannaggio dei domenicani e della Chiesa.

Le due correnti dell’aristotelismo rinascimentale

Possiamo suddividere l’aristotelismo rinascimentale grossomodo in due correnti: quella degli averroisti e quella degli alessandristi.

Gli averroisti sostenevano l’esistenza di un unico intelletto separato e in quanto tale immortale, mentre concepivano l’individuo concreto come mortale. Invece Tommaso poneva l’intelletto nell’individuo e lo riteneva immortale. 

D’altro canto gli alessandristi consideravano l’individuo mortale ma dall’altro negavano l’esistenza di un intelletto separato e immortale giudicando che se niente sopravvive al corpo,  allora l’intelletto in quanto funzione dell’organismo è indissolubilmente legata ad esso e muore con esso.

Un nuovo naturalismo

In realtà più che dividere nell’analisi alessandristi da averroisti avrebbe più senso considerare ciò che avevano in comune, ovvero la visione razionalistica e naturalistica di ciò che vedevano attorno a sé. 

La natura diventava così il campo privilegiato della filosofia e l’unico metodo di ricerca è la ragione. Inoltre entrambi si occupano di gnoseologia del problema dell’anima e risultano particolarmente sensibili al tema della dignità e Nobiltà dell’uomo. Infine, per entrambi la Fede va separata dalla Ragione.

La doppia verità – il bipensiero orwelliano

La teoria della cosiddetta “doppia verità” consentirà a moltissimi studiosi dell’epoca di salvarsi dal tribunale dell’Inquisizione facilitando così il processo di laicizzazione della cultura.

In breve: un’idea può essere più probabile secondo la ragione e secondo Aristotele, però per Fede si può accettare tutto l’opposto. In sostanza una tesi può essere contemporaneamente vera in filosofia e falsa in teologia, un po’ come succedeva nello scenario distopico di “1984”.

È arrivato il momento di considerare come si svolse la disputa tra platonisti e aristotelisti durante il Rinascimento.