Quindi, abbiamo capito cosa si intende in senso generale quando si attribuisce a un direttore la volontà di non assecondare pienamente il suo pubblico.

Due tendenze

Diciamo che, più che una ribellione all’incancrenimento del gusto, si tratta di un equilibrio tra due tendenze, che nell’arte così come nella sua promozione deve sempre esistere: da un lato, dare in pasto all’audience ciò che desidera. Lo si vede nelle collezioni curate dai musei, così come andando a spulciare sul sito del Ministero della Cultura italiano i progetti finanziati e da finanziare in corso. Ma anche semplicemente osservando quali sono le politiche culturali messe in atto dai vostri amministratori locali (qualora queste ci siano, chiaramente. Io mi ritengo un privilegiato perché vivo in una delle città più culturalmente prolifiche d’Italia, ma questo è un altro discorso).

Questa prima tendenza prevede le mostre museali solitamente più minimali, perché il titolato artista che le occupa basta solitamente a colmare le mancate magniloquenze organizzative. Si badi che non ho detto “lacune organizzative”, chiaramente riferendomi al fatto che se si fa una mostra di un noto, come il recente Chagall, non è certo necessario inserire parentesi “experience” all’esposizione. Se non qualche volta in forma propagandistica, e allora al grande nome viene abbinata la grande forma di diffusione, così come spiegata dalle più recenti tendenze del Volksgeist.

Ma pensiamoci, anche l’abbinamento tra, mettiamo, Caravaggio e un format come l’experience, non è una ricerca di un’utenza lievemente meno appassionata e dedita rispetto a quella abituale? Non è una ricerca di altri lidi nei quali batter moneta, direbbero i più cinici?

Batter moneta o meno, la ricerca del pubblico “nuovo” può in molti casi avvalersi del grande nome. Il direttore che alza la bacchetta in questo caso viene sdoppiato: da un lato sta eseguendo, non so, la Bohème di Puccini. Dall’altro, lo sta facendo in una scuola elementare, o in una piazza. Alza la bacchetta come uomo piuttosto che come direttore, e qui andiamo dritti alla terza parte di questa riflessione.