La giustizia nel mondo dell’arte è spesso un’utopia, ma nel caso del famoso surrealista francese, il tempo è stato benevolo. Dopo la condanna di Breton e degli altri surrealisti, che avevano impedito a Magritte di esporre anche solo un’opera a Parigi, costringendolo a tornare in Belgio, la capitale francese dell’ispirazione è riuscita a rendere giustizia all’artista con una mostra in suo onore.

Una rivincita arrivata con la riscoperta dei grandi artisti del Novecento da parte della città d’arte. Dopo le esposizioni dedicate a Munch, Matisse e Duchamp, il momento del pittore surrealista è giunto con la mostra “Magritte: La trahison des images”.

Ero sinceramente curioso di ritrovare le sue opere e devo ammettere di essere rimasto affascinato dal percorso tra dipinti, disegni e documenti originali dell’artista, provenienti da collezioni pubbliche e private. Ho apprezzato questa forte chiave di lettura nel processo artistico che testimonia l’intensa passione di Magritte nei confronti della filosofia, dimostrata anche dalle lunghe discussioni avute con Foucault.

Una giustizia che va oltre la pittura

L’Arte nella visione di Magritte è intesa come uno strumento cognitivo a disposizione dell’intelletto. Una prospettiva influenzata fortemente da Giorgio De Chirico, ma che lo discosta profondamente da artisti carichi di pulsioni come Dalì.

Mi resi conto della forza di questa chiave di lettura fin dal mio primo approccio alla pittura di Magritte. Vidi esposto un dipinto della serie sulla «Condizione umana» e rimasi letteralmente basito. In quel momento riuscii a vedere chiaramente la forza della sua forma d’arte, meno irruenta e di impatto forse, rispetto alle opere classiche, ma straordinariamente sconvolgente. Una forma d’arte in cui la realtà e la finzione si mescolano fino a confondere i confini, caricando di significati il reale.

Magritte non ha bisogno di sconvolgere con tinte forti o immagini drammatiche, tutt’altro. A mio parere il “Sabotatore tranquillo” resta una delle definizioni che storicamente lo rappresenta di più. Pochi come lui hanno la capacità di disorientare chi ammira le sue opere con accostamenti di oggetti quotidiani che indagano il reale con tale poesia. Mi rapì fin da subito la pacatezza con cui tutto ciò che doveva essere per me un’immagine familiare, in realtà contrastava con il potere della logica. Un universo suggestivo e inaspettato, dove, come dichiarato da Magritte stesso:

«La realtà non è mai come sembra e la verità è soprattutto immaginazione»