Ancora non mi sono espresso sulla morte di Paolo Villaggio.

E’ ormai passato un mese e gli animi non si sono raffreddati, dimostrando la vitalità del repertorio lasciato da questo gigante della comicità italiana.

Mi vorrei concentrare su un parallelismo che è stato fatto tra i personaggi di Gogol e l’italiano medio perennemente sconfitto che viene impersonato dal ragionier Fantozzi. Villaggio stesso afferma di aver letto molti russi in gioventù, e di aver sentito quasi un rapporto di parentela con Dostoevskij. Il parallelismo con Gogol è stato sancito dal conferimento a Villaggio del premio omonimo.

Non sono completamente d’accordo sulla somiglianza di attitudine dei due, almeno nei confronti della percezione di sé e della vita.

Devo dire che a differenza del cinico professor Kanz ho trovato il personaggio Fantozzi assai poco credibile, ma bisogna onestamente ammettere che la credibilità non era il suo primo obiettivo.

In un’intervista seguita al conferimento del premio Gogol (reperibile qui), Villaggio dice:

La figura del sottomesso è una figura storica. In ogni cultura c’è sempre la distinzione tra il padroni e i sottomessi. […]Fantozzi e Akakievich appartengono alla stessa schiera degli umiliati.

Akakievič Bašmačkin ne “Il cappotto” sarà anche un sottomesso, ma umiliato lo è solo in una certa misura. Il suo fantasma dopo morto si vendica, quantomeno, dell’umiliazione subita attraverso il furto del cappotto. Il riscatto che ne deriva, anche se irrealistico, lascia comunque nell’uditorio gogoliano la stessa catarsi di “Delitto e castigo”. Nella scena della confessione, ovviamente, e con abiti letterari diversi.

Fantozzi invece una rivalsa non ce l’ha mai. E’ segno, certo, della volontà di amareggiare col riso così caratteristica di Villaggio.

Mi ricordo dell’Avaro di Molière del nostro Piccolo Teatro di Milano nel 1996, dove Strehler confessò chiaramente di aver scritto la parte di Harpagon appositamente per lui (sceneggiatura eccelsa di Strehler e di Patrizia Valduga). Molière dissacra con convinzione intima, e l’avaro è destinato alla sconfitta su tutti i fronti.

La sconfitta è più propria di Fantozzi: oltre che sottomesso si presenta innegabilmente umiliato e vittimista. O meglio, autocompiaciuto per la propria sconfitta. Anni luce lontano dai personaggi umiliati di Gogol.

Questo dà al ragioniere un velo di amarezza sconfinata.