Era il 1891, ed Ernesto Ragazzoni ci consegnava la prima traduzione italiana di “Il Corvo” di Edgar Allan Poe. Fu a tutti gli effetti l’inizio di una lunga serie di interpretazioni e traduzioni dell’opera del grandissimo autore. Solo un anno dopo anche Ulisse Ortensi contribuì con una sua versione, ampliando ulteriormente l’accesso al testo per il pubblico italiano​ e dimostrando che Poe era destinato a durare ben più di qualche anno nell’immaginario letterario italico.

Parliamo del Corvo

“Il Corvo” di Edgar Allan Poe è uno dei poemi più iconici della letteratura americana, pubblicato per la prima volta nel 1845. 

Il poema si apre con il narratore che cerca di distrarsi dalla sua tristezza leggendo libri di “sconosciuta erudizione” durante una fredda notte di dicembre. La sua solitudine viene interrotta dal suono di un lieve bussare, che si rivela essere un corvo che entra nella sua stanza. Questo corvo misterioso diventa un simbolo delle tormentate riflessioni del narratore su amore, vita e morte.

Il corvo si posa sulla statua di Pallade Atena, dea della saggezza, e risponde a tutte le domande del narratore con un unico, inesorabile “mai più” (“Nevermore”). Questa risposta si trasforma in un tragico presagio. La ripetizione ossessiva crea, da sola, il crescendo di aspettativa, che ha del tragico e ha del thriller.

Crea anche, secondo me, la forza primigenia del mantra, o del salmo religioso, che dir si voglia.

Le domande che si pone il narratore

Il narratore, dapprima curioso e leggermente divertito dall’insolito visitatore, comincia a farsi domande. 

Si può dimenticare il dolore? Esiste un aldilà? 

Ogni volta, la risposta del corvo, “mai più”, sembra affondare il narratore in una disperazione più profonda, evidenziando la sua lotta interiore e la crescente alienazione dalla realtà.

La figura del corvo come messaggero di verità amara è potente, soprattutto per la cultura da cui proviene. 

Un oracolo incapace di consolazione o speranza

L’uso dell’allitterazione e dell’assonanza intensifica il senso di angoscia e la tensione emotiva del racconto. È probabilmente la commistione tra angoscia verbalizzata e implicita a rendere “Il Corvo” una delle opere più analizzate e interpretate di Poe. È un esempio emblematico del suo genio nel combinare elementi gotici con indagini psicologiche profonde, offrendo allo stesso tempo una riflessione universale sulle tematiche della memoria e della perdita. Questo poema non solo ha definito il genere gotico americano ma continua a influenzare la cultura popolare e letteraria, testimoniando la potenza e l’eternità delle opere di Poe.