Immagina il primo caffè, a Milano. Un luogo informale di cravattini settecenteschi annodati in fretta, di chiome scapigliate.
Immagina di perderti nei vicoli affumicati dalla notte, ancora l’alba è giovane e hai un disperato bisogno di aprire i tuoi occhi ancor sonnacchiosi e iniziare i tuoi quotidiani commerci.

Avresti davvero bisogno di un caffè, quindi vai proprio lì, nel locale del noto Demetrio.

Qui un pugno di aristocratici, ma anche borghesi, si ritrova a disquisire in materia di tasse, bilanci, diseguaglianze, ma anche Spirito, Natura, tecnica. I fratelli Verri, Cesare Beccaria, Franzosi e il figlio del notaio, come si chiama, loro stanno sempre lì in un angolo a parlottare.

Puoi sorbire la tua bevanda con calma, odorandone gli aromi densi d’esotismo, oppureiudic alzarti e arrischiarti a parlare con loro (con il rischio di prenderti qualche improperio se ti giudicheranno troppo “vecchio secolo”.
Attorno a te, c’è chi torna dalla serata di ballo della sera prima, chi si è appena comodamente svegliato e dopo un frugale biscotto arriva qui, come te.
Ingenui, eclettici, a volte disordinati, ma con un genuino desiderio analitico, quanti giovani vedi attorno a te, lì a condividere spunti come in un salotto o in un casino, ma senza scialacquare il patrimonio di famiglia.

Tutti sono pari, di fronte alla Ragione, tutti possono lanciare suggestioni che non devono, non possono limitarsi a un solo e specifico campo del sapere, ma hanno uno spettro ampio, eclettico.

Il comun denominatore, uno solo: l’esercizio dell’intelletto.
Ah, e l’amore per il caffè.


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