Per chi in gioventù compie studi classici o linguistici arriva sempre il momento di parlare di alfabeti antichi.

Forse ai bimbi che oggi imparano la lingua dei tablet non viene più insegnato il corsivo (non ne ho idea!) ma, se ci pensiamo, il corsivo è un vero e proprio alfabeto alternativo.

Il geroglifico, re degli alfabeti antichi

E poi, durante gli studi elementari, si entra a contatto con un modo totalmente diverso di comunicare: il geroglifico.

Nel geroglifico i nostri ragazzi imparano ben presto che la scrittura può divenire riflettente di un modo stesso di concepire il mondo.

Si può esprimere una frase, una narrazione, privilegiando gli oggetti contenuti in essa, piuttosto che le ben più astratte parole che indicano oggetti.

Qui inauguriamo per la prima volta il concetto di alfabeti antichi, e iniziamo ad avvicinarci al concetto di astrazione. Perché usare un segno per indicare una lettera? Perché le sfere dell’abaco hanno colori diversi?

2. Le lingue straniere

Poi, c’è chi ha iniziato molto presto a studiare le lingue straniere, e quindi sono arrivati alcuni grafemi nuovi: la ß tedesca, l’accentazione francese, la ñ spagnola e le k, j e x dell’inglese, con cui comunque si ha presto famigliarità.

Non sono alfabeti antichi, ma ci consentono di storicizzare il nostro: perché una comune filiazione dall’alfabeto latino ja prodotto risultati grafemici diversi?

Alfabeti antichi per capire i moderni

Ecco che iniziamo il nostro viaggio verso la riscoperta di noi stessi.

È a questo punto della formazione che secondo me dovrebbe collocarsi lo studio del greco antico, e possibilmente anche un’infarinatura di Lineare B e di alfabeto etrusco e fenicio.

Come siamo arrivati al risultato odierno? Come nel giapponese, rimane ancora una qualche forma di connessione tra significante e significato?

Queste e molte altre domande affollano la mente in formazione, ma una cosa è certa: studiare gli alfabeti antichi può essere ancora oggi, nell’era rapida di internet e dei social network, una via immediata e completa per evitare di appiattirci sul contemporaneo e riscoprire le origini della nostra lingua, partendo dall’alfabeto.