Quando ci immaginiamo un battaglione, pensiamo perlopiù a battaglie campali: vediamo i soldati sudati e impolverati avvinghiarsi a delle bandiere, o accampati in tende malmesse sulla terra fangosa.

Come ci immaginiamo il soldato

Vediamo poi gli alti ufficiali discutere di strategia con lenti di ingrandimento, bussole e carte geografiche.

Quello che è importante cogliere in questo quadro che la fantasia ci regala, è che il tipo di guerra non era d’assalto, bensì di posizionamento. Gli eserciti europei del primo ‘700 erano degli organismi mastodontici, difficilissimi da spostare.

Le operazioni raramente erano molto fantasiose, perché il rischio di lasciare scoperto un fianco dell’armata, un avamposto, era troppo alto.

Quindi come si avanzava con le posizioni? Semplicemente, un passo alla volta. Occupando gli insediamenti nemici in punti strategici, costringendo a poco a poco gli abitanti dei villaggi ad andarsene. Approfittando dei viveri quando disponibili, perché l’approvvigionamento era difficilissimo.

Le battaglie, come facilmente si può intuire, erano da evitare più che da cercare. Approfittare dei viveri del nemico senza esporsi a troppi rischi, questo il mantra di un buon comandante. Ora vediamo che la nostra fantasia di soldato impolverato prende una forma diversa.

Una logistica impossibile

Si dice che il passaggio dall’ordine di marcia all’ordine di battaglia per il battaglione fosse un aspetto fondamentale.

La logistica di tale spostamento doveva essere ben oliata e rapida, e il passaggio da un ordine all’altro avveniva sempre lontano dai possibili combattimenti col nemico.

L’infallibile logistica prussiana

Molti si dettero a studiare la guerra dei 7 anni, in seguito alla constatazione dell’efficacia dell’esercito prussiano. ma come dice qualche trattato di storia militare, ci si limitò a imitare i prussiani nella marzialità.

Così come i trattati di storia militare che conosciamo riguardano più la personalità di Federico II e il suo presunto genio strategico che non l’innovazione tecnologica che accompagnò l’esercito prussiano.

E così divenne di moda, in un certo senso, studiare più la tattica e la strategia, e le manovre soprattutto. In Francia si iniziò a studiare Federico II di Prussia per la disciplina che imponeva ai suoi soldati.

Insomma, ogni storiografia risente dell’opinione di chi l’ha scritta, e la storia la scrivono i vincitori.

Anche questa minuscola contingenza lo dimostra: Federico II fu una grande mente, e non solo per la disciplina che imponeva al suo esercito.

Una grande mente va studiata nella sua totalità. E questo non è certo argomento di storia militare.