A volte la ricerca archeologica serve per spiegare un fatto storico. A volte si ammanta di significati patriottici o di revisionismo. A volte semplicemente sussistono dei misteri che tutti condividiamo, che magari abbiamo studiato a scuola come insondabili, ma a un certo punto la ricerca archeologica ce li rivela. 

Così è stato quando abbiamo scoperto che il Velociraptor probabilmente aveva le piume.

Allo stesso modo, un recente studio genomico ci dice qualcosa che noi tutti forse sapevamo, ma che nessuno ci aveva detto ad alta voce: il DNA degli Etruschi è italico.

Come è stata condotta la ricerca

La ricerca è stata pubblicata sulla rivista Science Advances, con la presa in esame di 82 persone tra l’800 a.C. e il 1000 d.C.. I bacino dei campioni riguarda i territori tra la Toscana e la parte nord del Lazio.

Anche se la lingua etrusca rimane ancora prevalentemente misteriosa, la loro genetica è in tutto e per tutto simile a quella dei vicini latini, e quindi anche dei nostri romani.

La prima origine di questi vicini che scrivono “al contrario” è quell’antico nucleo indoeuropeo che durante l’età del bronzo si è dato da fare per diffondersi dall’Asia in Europa.

Tutto molto interessante, ma allora perché la loro lingua non è indoeuropea?

Questo ancora non si sa con certezza; resta un interessante aneddoto da raccontare o una storia da approfondire tra linguisti storici.

Altre scoperte genetiche

La genetica a volte è prevedibile, come in questo caso, a volte lo è ancor di più, come dicono altre due interessanti scoperte fatte nel corso di questo studio, riguardanti la commistione tra popolazioni dell’Europa orientale e dell’Europa Centrale durante d’epoca Imperiale iniziale,  e successivamente le mescolanze con l’Europa settentrionale alla caduta dell’Impero Romano d’Occidente.

Lo studio

Lo studio è di Cosimo Posth, Dipartimento di Archeogenetica, Max Planck Institute, Jena. Si tratta di uno studio genomico coordinato dal Max Planck institut e condotto con l’università di Firenze, di Jena e di Tubinga, con la collaborazione di altre eccellenze italiane come università di Siena, la Federico II di Napoli, l’università di Ferrara e quella di Padova.