Una parentesi soltanto nel mondo del teatro, potrebbero pensare gli esterni. E invece no, la crisi portata dal Coronavirus ha aperto in realtà uno spiraglio su una crisi che già da tempo covava sotto le ceneri.

L’assenza di un Albo e di un sindacato funzionante

Si parlava di mancata sindacalizzazione degli artisti già negli anni ’70, negli infiniti collettivi che dal ’68 avevano portato la coscienza del lavoro all’interno delle aule universitarie.

Il problema del sindacato negli ambienti artistici, diceva qualcuno, è che l’artista non è un lavoro proletario a tutti gli effetti. Oggi sembrano discorsi di un’altra epoca, ma effettivamente possiamo provare ad attualizzarli.

Artista o operaio?

Facciamoci una domanda iniziale: chi è il lavoratore dello spettacolo rispetto, mettiamo, all’operaio metalmeccanico? Secondo un’analisi che lessi tempo fa del Sole24ore, i due settori più colpiti dalla crisi economica, a conti fatti, saranno turismo/ristorazione e automotive.

Quindi, vediamo bene che l’industria dell’intrattenimento non è stata conteggiata nei primi due posti, ma non è nemmeno nei primi cinque. Viste le continue manifestazioni e dissapori suscitati dal posticipo delle riaperture di teatri e cinema, viene da chiedersi se ci sia da parte di questa classe di lavoratori dello spettacolo un certo grado di scollamento con la realtà.

Mentre quindi l’operaio metalmeccanico si trova al massimo in cassa integrazione, e aspetta fiducioso la riapertura graduale, l’artista ha semplicemente interrotto i suoi contratti saltuari, non andando a costituire una rilevazione statistica che ci permette di tracciare il suo lavoro al pari di quello dell’operaio.

Ma allora la vera domanda potrebbe diventare un’altra.

Siete davvero in crisi, oppure lo eravate già prima?

La mia risposta c’è già, è inutile sovra-analizzare: erano già in crisi. Crisi nel senso di poche o nulle forme di tutela, simil-sindacati labili e che non hanno nemmeno lontanamente la forza dei coordinamenti operai.

È evidente che il lavoro artistico non può essere paragonabile al lavoro in fabbrica, forse più a quello artigianale. A questo punto possiamo vedere chiaramente anche l’altra categoria in forte crisi: l’artigianato, e in generale la micro impresa.

Quindi tutto torna: queste categorie fantasma sono in crisi. E molto, anche. Se non prenderemo dei provvedimenti in fretta rischieremo di trovarci con ottimi attori e registi che gettano la spugna, e “cambiano lavoro”.