Quale miglior momento per riscoprire i grandi classici dimenticati che abbiamo conosciuto durante la nostra adolescenza o giovinezza?

Restiamo a casa, va bene, ma con la giusta compagnia. Non è mai troppo tardi ad esempio per riscoprire Dostoevskij.

L’Idiota di Dostoevskij nasce a Firenze

Non tutti hanno fatto caso alla targhetta di piazza Pitti, e adesso non è certamente il momento per andare a controllare. Ma fateci caso, la prossima volta che passeggiate nell’austera piazza, prima di entrare alla Galleria, o diretti semplicemente verso un gelataio.

Era il lontano 1869 e Feodor Dostoevskij si trova in città per completare il proprio romanzo “L’Idiota”. È noto come l’Italia suscitasse forti impressioni agli autori russi dell’epoca, e anche l’autore di Delitto e Castigo ne rimase stregato.

Da dove emerge l’Europa

È piuttosto esplicito, nelle pagine del romanzo, il tributo alla nostra penisola, come anche in generale all’Europa. Spesso viene infatti citato il Cristo Morto di Hans Holbein il Giovane, allora conservato a Basilea.

La trama raccoglie uno dei sogni morali del grande autore russo: ritrarre un personaggio che fosse indiscutibilmente Buono.

Lui, Dostoevskij, che era pieno di debiti di gioco fino al collo, che scappava dalla madrepatria proprio per sfuggirvi. Lui, che indulgeva fin troppo ai piaceri della carne e delle droghe, che veniva coinvolto in risse e non ne usciva sempre con la coscienza pulita.

L’uomo Buono nel romanzo

Il buono è colui che è fisicamente incapace di compiere il male. Nel romanzo assistiamo a uno spaccato di universo salottiero dove le maldicenze e le reputazioni disonorate si mischiano tra loro in un turbinio spesso difficile da districare. Chi è quindi il buono, tra tutte queste donne disonorate, principi decaduti, figli di ricchi commercianti che vanno in cerca dell’eredità paterna senza aver mai mosso un dito nel mondo produttivo?

Prima di concludere dando una risposta a questa non facile domanda, vorrei dire: se non amate la lettura compulsiva, non iniziate nemmeno. La fama di Dostoevskij lo precede: non parliamo di romanzetti leggeri, godibili in atmosfere distaccate. Qui la lettura richiederà tutti voi stessi, o almeno una buona parte.

L’uomo buono, dicevamo, è ovviamente il protagonista, il principe Lev’ Nicolaic Myskin. Ha una malattia che gli conferisce una certa qual dolcezza, ai nostri occhi. E poi, parla negativamente della pena di morte, in un lungo e celebre estratto. Magari, vi consiglio di leggere solo quello.

Attendo commenti. Intanto vi auguro una buona lettura!