Non solo pacifismo e non solo analisi lucide sulla politica internazionale: l’avversione che può derivare verso la guerra in Siria  trova motivi di adesione notevoli anche solo considerando lo sterminio incurante e categorico di un intero patrimonio artistico.

Con questa considerazione non voglio trovare colpevoli univoci, e quindi si consideri il mio intervento come un intervento panoramico, equidistante dalle colpe. Purtroppo, dove c’è guerra, l’arte viene sempre bistrattata e distrutta, e questo ce lo insegnano anche le “nostre” due guerre mondiali.

I templi di Palmira

Ad Aleppo abbiamo visto bruciare e collassare gli antichi mercati in legno e mattoni, oltre alla moschea degli Omayyadi con il suo minareto del 1090. Altro emblema della distruzione siriana è la città di Palmira, distrutta dal 2015 al 2017, occupata dalle truppe jihadiste in quanto posizione strategica per il conflitto. Palmira vedeva siti archeologici precedenti al 270 a.C, come il tempio di Baal, le porte leonine della città Tadmor tempio di Baalshamin, divinità cananea e al tetrapilo di Diocleziano (della fine del terzo secolo) oltre che al teatro e all’Arco di Trionfo.

Le mura di Aleppo e le case di Damasco

Nella battaglia tra l’esercito siriano e la Free Syrian Army sono andate quasi completamente distrutte le mura della città, insieme al celebre mercato coperto suk, patrimonio Unesco.

I quartieri di Damasco potremmo confonderli nelle fotografie dei fotoreporter di guerra per le mura di qualsiasi altra città bombardata in Medio Oriente.

Altri manufatti

Nell’antica Mesopotamia collochiamo una delle perdite più gravi: il ponte sull’Eufrate di Deir Ezzor.  Il ponte, per capire la sua iconicità per la nazione siriana, si trovava sul retro di un taglio delle banconote siriane. A est di Deir Ezzor c’era un ponte che collegava la città e che attraversava il fiume Eufrate, costruito da ingegneri francesi nel 1927. IN quanto collegamento strategico, è stato bombardato dalle forze governative.

(In foto: teatro romano di Bosra)