Per tutti quelli a cui la tomba di Langeland non evoca alcun immaginario: stiamo parlando di un’isola della Danimarca, abitata e coltivata da popolazioni preistoriche, con una sepoltura monumentale neolitica ancora ben visibile e meta di un flusso migratorio che emula in scala ridotta quello di Stonehenge.

La piccola Stonehenge

La tomba di Langeland è meta di turismo perlopiù famigliare, e sui siti turistici danesi si nota questa predilezione di target: le informazioni storiche sono centellinate, a favore di “curiosità” e infarinatura molto generale sull’origine del luogo e sul suo significato. Nulla di male, ma per chi volesse farsi un’idea del luogo del quale stiamo parlando, temo che serviranno letture cartacee.

La tomba di Langeland

Fatta questa brevissima premessa, capiremo facilmente come ogni rivelazione sulle salme contenute nel cimitero monumentale sia da indorare con dettagli pop.

Ma veniamo alla “scoperta”: una della salme suddette, una donna adulta ritrovata con la sua ascia, è stata scoperta essere non una vichinga, ma una migrante slava. Ritrovato diversi anni fa, lo scheletro è stato analizzato dal professor Leszek Gardeła, archeologo del Dipartimento di Lingue Scandinave dell’Università di Bonn.

Il corredo funebre aveva lasciato intendere una riproposizione del mito delle Valchirie. Le celebri vergini in armi della mitologia norrena non sembrano però entrarci molto con questa donna, la cui ascia è stata analizzata e sembra non essere stata uno strumento di guerra. L’ascia perlopiù proveniva dal Baltico meridionale, in una regione coincidente con la Polonia attuale. Anche la sepoltura è slava, una camera sepolcrale con all’interno una ulteriore bara. Si parla di decimo secolo.

IL mito della valchiria

Sfatato quindi il mito della valchiria, non resta che attenerci alla verità archeologica, constatando come le commistioni tra queste due popolazioni fossero profonde, al punto da ubicare una sepoltura di “straniera” in pieno territorio vichingo.