Prosegue dall’articolo precedente: il processo di Isernia, da città sannita a provincia romana, non fu una transizione scorrevole.

I vantaggi della cittadina montana

Come abbiamo visto, i Sanniti la dominarono fin dal secolo V a.C. Tuttavia, ci sono diverse tracce di insediamenti paleolitici, e anzi, proprio quest’estate è stato riportato al Museo Nazionale del Paleolitico un piccolo dente di ominide risalente a 600mila anni fa.

Insomma, le popolazioni montane che abitarono a Isernia trovarono un terreno fertile per il pascolo, e anche per qualche forma agricola.

Come abbiamo visto, i Sanniti la prediligevano, e godettero ampiamente della sua posizione strategica nelle guerre sannitiche.

Inoltre, era bagnata da due fiumi, all’epoca probabilmente più succosi degli attuali: il Carpino e il Sordo.

Processo di Isernia da colonia a municipium

Nel 264 a.c. Isernia divenne colonia romana. Per chi non ricorda bene l’organizzazione di colonie e province, la colonia era un territorio assoggettato a Roma, che garantiva la piena cittadinanza romana e tutto sommato una certa indipendenza.

Fu la guerra sociale, la grande speranza dei popoli italici in un futuro non romano, che la diseredò di quanto aveva fino ad allora acquisito.

I pastori di Isernia, che proseguivano le proprie attività di transumanza, vedevano nella condizione di colonia un simbolo di degado, e agognavano l’antica libertà sugli altipiani.

Si fondò la Lega Italica, si coniò la nuova moneta. Ma il gladio piombò sulla remota realtà, destinata a rimanere provinciale.

Solo con l’imperatore Traiano, Isernia tornò ad essere un municipium. Cosa che, comunque, la privava del diritto di voto (sine suffragio).

Fu in quel periodo che venne costruito il Capitolium. Quel che è più interessante, però, è che Cesare e Nerone promossero un ripopolamento delle zone.

L’arrivo dei Vandali

Era il 456, e Genserico, capo dei Vandali, passò anche dall’altopiano di Isernia.

Non ci fu Lega italica, non ci fu esercito organizzato che potesse fermare l’avanzata dei Barbari.

I prodi pastori che credevano nella propria indipendenza, infatti, erano ormai dei cittadini in seno a Roma, e la ribellione, così come l’imbracciare le armi, era un’eventualità quantomai remota.

E così iniziò la fase moderna della città, come la conosciamo oggi.