Durante l’antichità la concezione di valore in battaglia variava, come ovvio, da popolo a popolo.

Ma noi siamo grecisti

Ma visto che noi siamo grecisti convinti e appassionati andremo a verificare come i greci concepivano il valore guerriero.
Basta verificare nell’Odissea il diverso trattamento riservato ai valorosi puri come Achille e ai valorosi astuti, come Ulisse e Diomede. Anche se semplicistico: i valorosi puri sono quelli a cui formalmente è dedicata la storia.

Achille contro Ulisse

Achille è forte e si scontra con gli avversari in corpo corto singoli nei quali la pura forza viene necessariamente a prevalere. Diomede e Ulisse invece, come noto, organizzano una capata notturna all’accampamento nemico; la notte è l’elemento di camuffamento e imbroglio per eccellenza, ma è anche elemento di inganno la modalità con cui Ulisse e Diomede effettuano questa incursione nell’accampamento nemico: arrivano di nascosto, sotto copertura, e in più portano con sé armi da taglio piccole atte a sgozzare l’avversario senza essere notati.

La pelle di leone e la pelle di volpe

Lo spartano Lisandro era solito dire che in battaglia e in guerra dove non arrivava la pelle di leone era necessario cucire della pelle di volpe. Cosa significa questo? Lisandro era noto per le sue strategie elaborate durante la battaglia, strategie per le quali gli ateniesi poi avversari non lo stimavano affatto. Va detto che è abbastanza scontato che un avversario trovi aneddoti soggettivi fantasiosi per denigrare il nemico. Ma a Lisandro è attribuita questa frase secondo me a ragione: non trovo che contrasti minimamente con la mentalità greca, e non trovo nemmeno che abbia troppo in comune con l’affermazione, notissima, di Machiavelli. Machiavelli si fregia di nefandezze morali non indifferenti, nella propria etica del principe perfetto, invece Lisandro usa consapevolmente una tattica vincente senza necessariamente mettere in campo il nefas.