Un uomo viene visto aggirarsi in modo sospetto all’alba: non solo cammina ostentando furtività, ma si mette anche costantemente le mani su bocca e naso. Oltre a un grave danno al buongusto, il protagonista della Storia della Colonna Infame, che abbiamo appena incontrato, si muove in clima di peste.

Ergo, è sufficiente essere una persona che si muove in pubblico per sembrare circospetti. Una considerazione che dobbiamo fare è questa: durante la peste del Seicento, la medicina moderna non è ancora intervenuta per spiegare le dinamiche del contagio.

Però, non c’è ombra di dubbio che quell’uomo straniero sia un Untore, che con una pezza o un pennello applica patogeni su superfici, volontariamente, di modo che la gente si ammali.

La confessione

L’uomo viene catturato, e dà inizio a un balletto di confessioni e negazioni, che si può riassumere così:

  1. nega il fatto;
  2. Viene torturato, e confessa;
  3. Di nuovo, nega il fatto, quando ha la lucidità per farlo;
  4. Di nuovo viene torturato, e confessa;
  5. Gli viene chiesto quali siano i suoi complici, e dice di non averne;
  6. Viene nuovamente torturato e fa il nome del complice: il proprio barbiere
  7. A tortura finita, ritratta;
  8. Sotto tortura nuovamente, sciorina una serie lunghissima di nomi, fino ad arrivare a un nobile, il cavalier Padilla.

Ma chi è il cavalier Padilla? Un nobile spagnolo, che le guardie non possono aggredire impunemente con i loro vestiti di lana cotta. Interrogato, il cavaliere nega il fatto, e continua a negarlo fino alla fine.

Risultato dell’operazione: tutti gli imputati vengono condannati, tranne il cavalier Padilla. La bottega del barbiere viene rasa al suolo, e su di essa viene posta una colonna, che spiega come in quella sede abitasse e operasse un Untore.

La condanna della superstizione

Una condanna precisa, quella di Manzoni, che si dirige non solo all’ignoranza e alla cattiva applicazione del buonsenso, ma anche al cuore di tutti i malintesi: la superstizione.

La superstizione, dogmatica e senza prove, ha condotto degli innocenti a una condanna, che non ha nemmeno salvato dal contagio.

Anzi, ha contribuito a fomentare il clima di astio sociale e scarsa collaborazione, come – parola di Manzoni – avviene di solito durante i periodi di grande crisi.

E oggi? Nonostante alcuni episodi di negazionismo e di pura idiozia, sono molto felice che non siamo ricaduti nel ciclo infinito delle condanne agli untori.

Forse siamo davvero una società migliore. L’importante è tenere alta la guardia sulle colonne infami.